Caldaia a condensazione

Descrizione delle caldaie a condensazione
L’utilizzo di caldaie a condensazione garantisce il miglior risparmio energetico attualmente realizzabile (nel caso di fonte convenzionale: gas metano o GPL).
Le caldaie a condensazione di solito si avvalgono di bruciatori speciali a microfiamma che danno una maggiore efficienza e minori emissioni inquinanti.
Per favorire una combustione pressoché perfetta, le quantità di gas e di aria sono immesse sempre in maniera proporziale tramite una ventilatore e una valvola particolare.
Un’ottimizzazione del rendimento delle caldaie a condensazione viene dall’utilizzo di una sonda di temperatura esterna che rilevando le condizioni esterne, diminuisce od aumenta proporzionalmente la temperatura di mandata. Questo comporta anche minori dispersioni e minori moti convettivi (che trasportano aria calda verso il soffitto).

Una caldaia a condensazione.

Spesso delle caldaie a condensazione si sente parlare con un timore, pensando al costo più elevato rispetto alle normali caldaie, ma senza pensare ai vantaggi della condensazione. Non solo minor inquinamento ma soprattutto un risparmio energetico notevole, che può arrivare anche al 30% annuo.

Ma come funzionano le caldaie a condensazione? Ciò che una caldaia a condensazione fa in più rispetto ad una normale, é recuperare il calore dei fumi di combustione. Il raffreddamento di questi fumi, che genera condensa, origina il nome per questo genere di caldaia. Nella caldaia a condensazione, i prodotti della combustione, prima di essere espulsi all’esterno, sono costretti ad attraversare uno speciale scambiatore all’interno del quale il vapore acqueo condensa, cedendo parte del calore latente di condensazione all’acqua del circuito.
La caldaia a condensazione, a parità di energia fornita, consuma meno combustibile rispetto ad una di tipo tradizionale.
Di solito i fumi di una caldaia tradizionale vengono espulsi a temperature intorno ai 110°C. La temperatura dei fumi espulsi da una caldaia a condensazione, invece, parte da circa 40° e non supera i 55°C: è evidente come il recupero di calore utile sia notevole. E’ questo calore recuperato che diminuisce il fabbisogno di combustibile che la caldaia deve spendere per riscaldare l’acqua dell’impianto.
Da qui si capisce come mai, con le formule normali per il calcolo del rendimento delle caldaie, i rendimenti di quelle a condensazione risultano superiori al 100% (può stupire il rendimento citato superiore al 100%).
È stato stimato che l’investimento relativo all’installazione di una caldaia a condensazione possa essere recuperato nel giro di 7 anni. Calcolando la detrazione fiscale del 55% il rientro dell’investimento si ha in soli 3 anni (fatta salva la necessità di lavori addizionali per l’adeguamento di un impianto preesistente). E’ quindi evidente come il passare dal riscaldamento tradizionale a quello a condensazione sia estremamente vantaggioso.
Le caldaie a condensazione sono attualmente quelle con la tecnologia più avanzata.
Per ottimizzare il rendimento di un impianto basato su caldaia a condensazione, occorre prevedere ampie ed efficienti superfici radianti, in modo da poter mantenere bassa la temperatura dell’acqua (fluido termovettore). Le temperature ideali di progetto per l’impianto, mandata e ritorno, sono pari a 40/30°C. Nel caso invece di un impianto ad alte temperature con termosifoni tradizionali, la temperatura di progetto sarà più elevata, orientativamente pari a 75/60°C. In queste condizioni i fumi non potrebbero cedere calore al fluido stesso. È per questo motivo che il maggiore vantaggio in termini di risparmio è riscontrabile sugli impianti a pannelli radianti, dove le temperature di lavoro dell’impianto sono basse, mediamente comprese tra i 40/30°C.

Un caldaia a condensazione, in genere, è un concentrato di alta tecnologia: oltre allo scambiatore costruito con materiali speciali in grado di resistere all’aggressione chimica della condensa, con sezioni ottimizzate e superfici di scambio molto estese per recuperare la maggiore quantità di calore, esistono anche altri accorgimenti tecnologici che concorrono a migliorarne l’efficacia. Tra i più utili il controllo elettronico della combustione e l’impiego di un bruciatore tecnologicamente avanzato (costruito con particolari materiali, premiscelato, modulabile e con una accurata progettazione delle geometrie costruttive della camera di combustione). Questi dispositivi ottimizzando la combustione, consentono di abbattere il livello degli inquinanti emessi.
I condensati prodotti dalla combustione, vengono prevalentemente scaricati in fogna. La norme vigenti prevedono il rispetto della legge in materia di scarichi (legato al loro grado di acidità e alla neutralizzazione mediante miscelazione con gli scarichi domestici o con un neutralizzatore sull’impianto).
I condensati prodotti da un apparecchio a condensazione hanno un forte grado di acidità. Scelta obbligata quindi, per progettisti e installatori, l’impiego di materiali in grado di resistere alla corrosione dei condensati.(materiali plastici come PVC, HPE e ABS, in grado di resistere alla corrosione per tutta la vita dell’impianto).

La sostituzione della vecchia caldaia con una a condensazione

Vediamo ora le differenze tra impianto nuovo e impianto esistente, dove si voglia sostituire la vecchia caldaia con una a condensazione.
Per gli impianti realizzati nelle nuove costruzioni, specie se già progettati per installare generatori a condensazione, si otterranno risultati ottimali. Questi impianti, avranno dei costi supplementari rispetto ai tradizionali, che però verranno ammortizzati durante l’utilizzo.

Negli impianti esistenti, è necessario valutare la fattibilità dell’operazione. Dovranno inoltre essere adottati alcuni accorgimenti per garantire il migliore rendimento dell’impianto e assicurare il risparmio all’utilizzatore.
I sistemi fumari asserviti agli apparecchi a condensazione e affini sono sistemi ad umido. Pertanto devono possedere caratteristiche idonee.
I condotti fumari possono operare in pressione o in depressione. Nella maggior parte dei casi, i condotti fumari delle caldaie a condensazione funzionano in pressione e ad umido.
Per adeguare l’impianto, si dovrà verificare, la compatibilità del camino a ricevere i condensati dei prodotti della combustione. Spesso i camini/canne fumarie esistenti non sono compatibili per il funzionamento ad umido. L’intubamento del sistema, nella maggior parte dei casi, può essere la soluzione più sicura e meno dispendiosa per l’adeguamento.

Quando la sostituzione avviene in unità abitativa indipendente, come una villetta, non vi saranno particolari difficoltà nell’intubamento dello scarico dei fumi. Cosa che non avviene quando si deve sostituire il generatore nell’appartamento di un edificio multipiano. Le soluzioni esistono, ma potrebbero richiedere un maggiore impegno tecnico ed economico. Spesso negli edifici multipiano con vecchi impianti, sono installate caldaie a camera aperta collegate a canne collettive ramificate. Occorrerà valutare attentamente quale soluzione adottare: per esempio, la realizzazione di una nuova canna fumaria esterna all’edificio, oppure lo scarico a parete (quando consentito).

In un impianto esistente, si dovrà predisporre il sistema di scarico delle condense e verificare la compatibilità dei materiali degli scarichi domestici per ricevere i condensati. Se il materiale con cui sono stati realizzati non risultasse idoneo, si potrà sopperire installando un neutralizzatore di condense prima dell’ingresso nel sistema di scarico domestico. Attenzione anche ai condotti fognari, che generalmente sono comunque adeguati a ricevere i condensati.

Si dovrà prevedere anche a un controllo della temperatura ambiente più evoluto rispetto al tradizionale termostato ambiente on/off. Si dovranno installare una sonda esterna e un cronotermostato ambiente, programmabile su due livelli di temperatura e sulle diverse esigenze giornaliere/settimanali. Questi dispositivi consentono di ottimizzare l’efficienza dell’impianto.

La pulizia dell’impianto da incrostazioni, depositi calcarei o fanghi che si possono formare in anni di funzionamento, è indispensabile per mantenere invariate le prestazioni della caldaia.
Installare un generatore a condensazione in un impianto esistente, implica dei costi per il suo adeguamento. Ma con una corretta analisi delle operazioni di adeguamento, piccoli accorgimenti e una corretta taratura, si avranno comunque dei benefici molto prossimi a quello di un impianto nato per la condensazione e comunque maggiori rispetto a un impianto tradizionale.

Fonte: http://www.risanamentoenergetico.com/caldaia_condensazione.htm

Stufe fatte in casa su misura – corso alla casa di Tano – 15 – 18 Settembre 2011

La Stufa Su Misura

lastufa su misura

La stufa è un oggetto insolito all’interno di una casa. La sua sostanza materica è apparentemente inanimata, ma grazie al fatto che c’è un fuoco che si sviluppa al suo interno, essa diventa un oggetto essenzialmente vivente.

La stufa dona calore al suo ambiente e in più regala un’atmosfera di accoglienza durante tutto il periodo invernale. Come il sole è un centro in natura, la stufa è il centro di una casa. Così, con la sua presenza, esprime l’entità più essenziale della vita: il calore.

Nel tentativo di valorizzare questo aspetto per la mia persona, ho sviluppato contemporaneamente un approccio più personalizzato alla creazione delle forme, attraverso una progettazione ampia ed accurata.

Oltre all’intenzione di ottimizzare le possibilità tecniche, nel momento in cui progetto cerco di capire quali sono le condizioni ed i bisogni strutturali di una casa, nonchè i desideri delle persone che la abitano, per meglio applicare il giusto tipo di funzionalità.

corso stufe presentazione

In più cerco di integrare la stufa in modo armonioso nel suo ambiente, adattandone forma e proporzioni al contesto architettonico. Lo scopo è quello di trovare soluzioni estetiche che riescano ad esprimere il carattere del calore, in modo semplice ma significante.

http://www.stufe-darte.com/index.html

Impianto a Pavimento

L’evoluzione delle caldaie e delle tecnologie basate sul ricircolo di acqua a bassa temperatura ha riportato in auge i sistemi di riscaldamento a pavimento. L’idea di riscaldare dal basso non è nuova e i primi impianti di questo tipo vennero messi sul mercato addirittura all’inizio degli anni Sessanta. Si trattava però di sistemi che prevedevano la circolazione di acqua ad alta temperatura, senza regolazione, e presto si capì che davano seri problemi di tipo igienico-sanitario. Le caldaie e i sistemi moderni non hanno più simili inconvenienti e rappresentano una soluzione valida. La convenienza e il comfort sono ancora maggiori, come cercheremo di spiegare, se il sistema a pavimento prevede di suo un sottofondo isolante termico e acustico che permette di contenere gli spessori.
La defizione tecnica è riscaldamento a pannelli radianti e consiste in una superfiecie riscaldata tramite una fitta spirale di tubi all’interno dei quali circola un fluido caldo. Essendo ampio il vettore riscaldante costituito dalla superficie riscaldata (la quale coincide con l’intero pavimento), il fluido in circolazione può avere una temperatura ridotta. Per le sue caratteristiche, il riscaldamento a pavimento è largamente utilizzato, oltre che nell’edilizia residenziale, negli edifici industriali (magazzini, capannoni, labotari ecc…), negli uffici e nelle strutture pubbliche di grandi dimensioni, oltre che in serre e all’aperto per rampe, campi sportivi…
I sistemi a pannelli radianti sono sostanzialmente di due tipi: a umido e a secco. La differenza tra uno e l’altro consiste nella composizione del massetto finale che ospita la pavimentazione: calcestruzzo gettato direttamente sui tubi riscaldanti nel primo caso, pannelli prefabbricati in cls nel secondo.
Nel sistema “a umido”, il più comune, la stratigrafia tradizionale presenta:Schema pavimento
– una struttura portante sulla quale vengono predisposti gli impianti elettrico e idraulico, successivamente annegati in una caldana costituita generalmente da materiale alleggerito;
– una barriera vapore per evitare la formazione di condense;
– i pannelli reggitubo di isolante termico, generalmente di polistirolo, lisci o sagomati;
– il reticolo di tubi riscaldanti, in genere in polietilene, aggianciati ai pannelli sottostanti;
– il massetto;
– la pavimentazione, in ceramica o parquet.
Quasi sempre i pannelli di isolante impiegati possiedono solo proprietà di isolamento termico e non hanno prestazioni acustiche contro i rumori di calpestio. Ciò costituisce un serio limite per il sistema, anche alla luce del fatto che gli impianti a bassa temperatura hanno ridotto l’importanza della coibentazione termica nei sottofondi riscaldati. Questa lacuna può però essere colmata ricorrendo a una soluzione di facile applicazione.
La proposta consiste nel realizzare lo strato alleggerito a copertura delle tracce con il sughero in granuli SugheroLite, impastato e legato con il vetrificante asottofondo di sughero presaaerea KoGlass. Si forma così una caldana, che deve avere spessore adeguato e giusta composizione (consigliato il sughero a granulometria costante SugheroLite da 4mm), dotata di prestazioni sia termiche sia acustiche. L’aggancio dei tubi riscaldanti avviene direttamente sullo strato di sughero impastato mediante delle comode clips reggitubo fissate sulla rete elettrosaldata KoSteel, disposte a seconda delle scelte tecniche e preferibilmente con una configurazione a spirale che consente una migliore distribuzione della temperatura superficiale ed evita schiacciamenti nelle curve in caso di interassi ridotti.
La barriera vapore, al fine di un corretto isolamento termico e di un’adeguata impermeabilizzazione, è realizzata mediate uno strato separatore di carta alluminata KoSep.A, da stendere sopra il sughero prima di disporre le clips e il reticolo di tubi, che avrà anche la funzione di riflettere verso l’alto le radiazioni infrarosse del calore ricevuto.tubi sopra barriera al vapore in alluminio A completamento del sistema viene gettato il massetto, che, non va dimenticato, costituisce il vero e proprio vettore riscaldante: per questo è bene che non sia in calcestruzzo alleggerito o mescolato a materiale isolante, che ne limiterebbe il funzionamento. Il suo spessore varia in funzione del diametro dei tubi riscaldanti e in questo caso valgono le indicazioni dei fabbricanti: mai comunque meno di 5 cm e sempre con rete antifessurazione. Il vantaggio di questa soluzione è duplice: prestazioni acustiche oltre che termiche; minore spessore del sottofondo, essendo stato eliminato l’ingombro dei pannelli isolanti reggitubo; minori costi complessivi.
Per contenere la dilatazione termica del massetto riscaldato verso le pareti perimetrali è necessario interporre uno strato elastico di separazione tra le strutture, esattamente come si fa per eliminare i ponti acustici. A questo scopo sono ottime le strisce di sughero supercompresso KoFlex da 5 mm di spessore.

Demetrio Bonfanti

Fonte: http://www.coverd.it/articolo_rivista_bio.php?codriv=9&codart=4#

Conservare i semi di fagiolo

Come conservare i semi di fagiolo


Conservare i semi di fagiolo sarà  sicuramente un’attività che troverete semplice e gratificante e non c’è cosa più fresca e naturale del sapore di un tenero fagiolino verde appena raccolto.

Generalmente nei nostri giardini si coltivano 4 varietà di fagiolo:

1 Fagiolini

Sono i baccelli giovani del fagiolo che vengono raccolti prima del loro sviluppo. Hanno proprietà  diverse dai legumi più simili a quelle di un ortaggio.

2 Fagioli dall’occhio

Di colore bianco o crema, presentano un piccolo anello nel punto di attacco del baccello al seme.

 

Fagioli di Lima

Piatti e di colore bianco o tendente al viola, sono originari dell’America del sud ed hanno un gusto molto saporito.

 

Fagioli da essiccazione

Sono le varietà che generalmente troviamo nei negozi di alimentari in grandi sacchi: fagioli neri, fagioli cannellini, fagioli borlotti, ecc.

Conservare i semi

La prima cosa da fare se volete ottenere ottimi semi sarà quella di lasciare maturare i fagioli completamente sulla pianta. I fagioli cresceranno fino a diventare grandi e sempre più coriacei e poco adatti ad essere mangiati. Entro la fine della stagione il fagiolo somiglierà ad una maracas: agitando il baccello sentirete il rumore dei fagioli secchi al suo interno. Questo è il momento giusto: apriteli e togliete i fagioli secchi. Riponeteli in un piatto per una giornata in modo da essere sicuri che siano ben asciutti poi in una busta etichettata e conservateli in un luogo fresco e buio.

Suggerimenti

Selezionate le piante più sane e prolifiche per ottenere le semenze e ricordate questa semplice formuletta: piante sane = semi sani = piante sane stagione successiva.

Inoltre, una volta che saranno secchi selezionate solo i fagioli migliori: scartate quelli di piccole dimensioni, quelli rugosi e quelli rotti.

Fonte: http://www.greenme.it/approfondire/guide/3125-come-conservare-i-semi-del-tuo-orto-?start=1

La stevia: il dolcificante naturale alternativo allo zucchero a calorie zero

Esiste in natura una pianta, la stevia,  che è un vero e proprio dolcificante naturale a zero calorie Non tutti sanno, infatti, che lo zucchero industriale moderno non fa male solo a diabetici, arteriosclerosi o soggetti con malattie cardiovascolari, ma fa male a tutti! La dolcissima polvere bianca che in tutto il mondo si assume con una certa regolarità è, infatti, altamente tossica e la sua continua assunzione può portare danni fisici, psichici e ovviamente una forte dipendenza.

La lavorazione che rende la barbabietola prodotto finale è incredibilmente “raffinata” tanto da fargli cambiare colore attraverso coloranti chimici, sottrargli sostanze vitali e vitamine. Inoltre, per fardigerire questa sostanza sintetica che di naturale non ha nulla, il nostro organismo è costretto a farsi rubare massicce dosi di sali minerali per riuscire ad assimilarlo con il conseguente indebolimento del fisico. Purtroppo però la natura nociva di questa sostanza non viene  pubblicamente poiché metterebbe K.O. l’intera industria dello zucchero delle multinazionali che la producono.

Un libro da leggere, per poter meglio comprendere quanto lo zucchero sia dolcesolo in apparenza, è “Sugar Blues – Il Mal di Zucchero” di William Duffy. Un’opera che è un vero e proprio manifesto di denuncia in grado di farci vedere con altri occhi quello che c’è effettivamente dietro alla produzione di questo diffusissimo dolcificante che, a detta dell’autore, “ci uccide dolcemente”.

La Stevia rebaudiana, invece, è una piccola pianta erbaceo-arbustiva, originaria delle montagne tra Paraguay e Brasile che, al contrario dello zucchero bianco raffinato è completamente naturale che potrebbe rappresentare la soluzione ideale, soprattutto per diabetici e obesi. La stevia nella sua forma naturale, oltretutto, è circa 10/15 volte più dolce del normale “zucchero da tavola” e, se estratta dalle foglie arriva addirittura ad aumentare il suo valore dolcificante dalle 70 alle 400 volte. Senza troppi giri di parole è, pertanto, il dolcificante naturale più potente al mondo.

 

Vi starete chiedendo, molto presumibilmente, come mai non ne abbiate mai sentito parlare prima d’ora? Semplicissimo, perché la sua vendita in Europa è illegale! Nel 1999 la Commissione sugli Additivi nei Cibi dell’OMS e il Comitato Scientifico per gli Alimenti dell’Unione Europea, segnalarono la pericolosità della stevia come additivo alimentare, poiché un suo metabolita, losteviolo, si era rivelato cancerogeno. Conseguentemente nel febbraio 2000 la Commissione Europea, seguendo le opinioni del Comitato Scientifico per gli Alimenti – SCF, ha deciso che la Stevia rebaudiana (pianta ed estratti secchi) non può essere immessa nel mercato come alimento o come additivo alimentare.
Nel 2004 un gruppo di ricercatori belgi ha organizzato un simposio internazionale sulla sicurezza dello stevioside in cui è stata smentita la sua cancerogenicità, anche perché questa sostanza non verrebbe assorbita direttamente dall’intestino, ma degradata dai batteri del colon a steviolo e in gran parte eliminata con le urine. Tanto più che le dosi di assunzione alimentare sono infinitamente inferiori rispetto a quelle utilizzate dagli studi. Esaminando i dati disponibili dai paesi che ne fanno uso anche come infuso, la FAO e l’OMS hanno così stabilito una dose massima giornaliera di 2 mg/kg peso corporeo di steviolo. Questo limite, nello studio della FAO, ha un fattore di sicurezza 200, ossia è 200 volte inferiore alle quantità assimilate senza rischi dai soggetti di studio.

Ipotizzando, quindi, potremmo facilmente dedurre che un dolcificante libero, economico e completamente privo di controindicazioni recherebbe danni ad una grande fetta del mercato globale. Conseguentemente, inoltre, la tanto cara industria farmaceutica troverebbe molto meno lavoro da fare. Le caratteristiche principali della stevia sono infatti quanto mai sorprendenti:

  • Non causa diabete
  • Non contiene calorie
  • Non altera il livello di zucchero nel sangue
  • Non ha tossicità
  • Essendo priva di zuccheri non provoca carie e placca dentali
  • Non contiene ingredienti artificiali

Insomma, è piuttosto chiaro quanto meno “lavoro” potrebbe creare una sua libera compravendita.Vietandola, invece, le multinazionali della chimica avranno un nemico in meno e noi – semplicemente – qualche malattia in più.

Negli Stati Uniti fortunatamente, dopo una lunga battaglia, si è riusciti ad ottenere l’autorizzazione dalla Food and Drug Administration. Anche se viene ammesso l’uso esclusivamente come integratore dietetico e non come ingrediente o additivo naturale, il consumo di stevia sta aumentando considerevolmente. Nel vecchio continente, almeno, la sua coltivazione non è fuori legge e quindi andando su specifici siti americani (www.stevia.net) o recandosi in un paese non appartenente all’Unione Europea (come ad esempio la vicina Svizzera) la si può comprare, importare e far crescere liberalmente.

Il costo di una pianta di stevia è all’incirca pari a 3 dollari ed è talmente adattabile che la si può farcrescere un po’ ovunque, anche nel vostro balcone di casa. Basta che gli venga fornita abbondante quantità di umidità e luce solare. Il terreno per le piante in vaso dovrebbe essere un miscuglio di torba bionda e torba scura (rapporto 60% e 40%), con l’aggiunta di un elemento inerte (pomice, polistirolo espanso sbriciolato etc…) per consentire un buon drenaggio delle radici.

Il valore del pH dovrebbe aggirarsi intorno a 6-7. La stevia ha una crescita ed una fotosintesi molto veloce, pertanto un buon concime naturale è quasi indispensabile, poiché per il suo corretto utilizzo è molto importante che produca foglie molto grandi. La raccolta è raccomandata in tardo autunno e anche essa è semplicissima. Infatti, occorre solamente tagliare i rami e successivamente togliere le foglie. Una volta fatto questo, metterle ad essiccare appaiandole in mazzetti. Arrivate al momento della perfetta essicazione non resta che sbriciolarle finemente (per fare questa operazione va benissimo un normale mixer da cucina) e conservarle mettendole in un barattolo di vetro ben asciutto a tenuta ermetica. D’ora in poi potrete usare la stevia e le sue qualità dolcificanti dove, come e quando volete.

E’ possibile anche trasformare la stevia in estratto liquido. Il procedimento, in questo caso, è un po’ più elaborato, ma nulla di impossibile. Mettete le foglie fresche o secche in un litro di alcol a 95° e lasciatelo macerare per 12 giorni (o 15 nel caso abbiate optato per le foglie fresche); successivamente basterà filtrare la soluzione e diluire l’alcool aggiungendo acqua nella proporzione di ½ litro d’acqua per litro di alcool. Se l’estratto liquido vi risulterà con un sapore troppo eccessivo di alcool potrete riscaldare la soluzione a fuoco lento in modo tale da farlo evaporare. Ottenendo questo composto potrete utilizzarlo nella medesima modalità di quello in polvere. 15 ml di estratto sonopari al potere dolcificante di circa 1kg di zucchero e 1 goccia equivale a circa 1,5 cucchiaini di zucchero… ricordando sempre che il suo contributo calorico è nullo!

Infine, suggeriamo anche di provare a farci una grappa. Occorre un litro di grappa bianca a 40° e circa 50 foglie di stevia che andranno inserite nella bottiglia e lasciate immerse per 30 giorni. A questo punto filtrate il tutto, facendo riposare la grappa per ulteriori 30 giorni prima di berla.

La stevia è un dolcificante naturale facile da coltivare e da consumare che non fa male se non alle multinazionali.  Ma come si dice… basta un poco di …stevia e la pillola va giù!

Alessandro Ribald

Fonte: http://www.greenme.it/mangiare/altri-alimenti/2229-la-stevia-il-dolcificante-naturale-alternativo-allo-zucchero-a-calorie-zero-

 

Back to the roots – funghi in scatola a casa

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Fonte http://www.bttrventures.com/Easy-to-Grow-Mushroom-Garden_p_8.html

Coltivare l’aglio

1. Scegliere il tipo di aglio da coltivare

L’aglio maggiormente coltivato nell’Europa meridionale è sicuramente l’Allium sativum una pianta perenne a radice bulbosa, ampiamente utilizzata nella cucina mediterranea per insaporire i cibi. In Italia crescono spontanee circa una trentina di specie tra cui  l’Allium vineale, l’Allium ursinum, l’Allium fragrans, l’Allium oreaceum; nel mondo se ne conoscono più di trecento specie con piante che vanno da poco più di una quindicina di centimetri sino al metro di altezza.

Tra le specie italiane più conosciute ci sono l’aglio di Caraglio, l’aglio bianco piacentino, l’aglio rosso di Sulmona, l’aglio bianco di Vessalico, l’aglio rosso di Nubia.

2. Piantare i bulbilli 

Una volta scelto il tipo di aglio bisognerà selezionare i bulbilli, comunemente ed impropriamente chiamati spicchi, che andranno messi a dimora. Potete acquistarli da fornitori specializzati o su internet ma è possibile ottenerne di ottimi anche dall’aglio che compriamo per cucinare; assicuriamoci soltanto che sia 100% biologico così da non contenere sostanze che ne impediscano la germinazione.

Questi andranno interrati a circa 3 cm di profondità avendo l’accortezza di non capovolgerli, lasciando quindi l’apice rivolto verso l’alto. I bulbilli andranno posti in file parallele distanti 25-40 cm tra loro e ad una distanza di 10-15 cm uno dall’altro.

Il periodo migliore per piantarli va da novembre a marzo; in questo modo potremo disporre di aglio fresco in primavera nelle zone con clima temperato per i bulbilli piantati a novembre, mentre per quelli piantati a marzo in zone con clima più rigido avremo ottimo aglio da conservare.

La germinazione dei bulbilli avviene grazie alla riserva di nutrienti contenuta negli stessi, quindi più questi saranno grandi più  rapida sarà la loro germinazione. Vi consigliamo quindi di scegliere i più grandi per avviare la vostra coltivazione. Inoltre, ad incentivare il processo di germinazione concorre anche la temperatura: quella ottimale è intorno ai 15-20°C.

L’Allium sativum preferisce una posizione soleggiata e un terreno ben drenato: i bulbi, infatti, temono i ristagni d’acqua che, oltre ad impedirne il completo sviluppo, possono favorire la formazione di muffe e farli marcire.

L’Allium ursinum invece predilige una posizione di mezz’ombra ed un terreno più ricco di torba e ben umido.

3. Tagliare gli steli fiorali 

Generalmente si evita che l’aglio destinato ad un uso domestico vada in fiore, in quanto questo processo richiede un certo dispendio di energia e di nutrienti da parte della pianta, che vengono sottratti ai bulbilli. Quindi è consigliabile tagliare gli steli fiorali non appena in bocciolo.

Per altri tipi di aglio invece va detto che la fioritura è decisamente interessante ed ornamentale e la loro coltivazione produce delle bellissime inflorescenze dalla forma ad ombrello.

4. Raccogliere l’aglio

La raccolta dell’aglio è determinata oltre che dalla specie coltivata anche dalla temperatura ma in linea di massima possiamo dire che va effettuata quando le foglie sono quasi completamente secche. La pianta va estirpata e lasciata essiccare all’aperto per circa una settimana. Passato questo tempo è possibile prelevare i bulbi e ripulirli dalle tuniche esterne, dalle radici e dal fogliame. I bulbi possono essere riuniti tra loro intrecciando le foglie e creando così le caratteristiche trecce che tante volte abbiamo visto nei mercati.

Se nel periodo di raccolta le temperature sono o troppo basse o troppo alte rispetto alla media i bulbi potrebbero apparire di colore leggermente ambrati, ingialliti e essere umidi al tatto.

5. Pulire l’aglio

Lasciate essiccare le piante appena estirpate all’aperto, in un luogo ben soleggiato. Quando le tuniche esterne saranno ben essiccate, dall’aspetto cartaceo, potrete spazzolare le piante, rimuovere le foglie e tagliare le radici.

6. Conservare l’aglio

Il processo di conservazione dell’aglio è l’ultimo, ma non meno importante, passaggio della nostra coltivazione. Le condizioni ideali per una conservazione ottimale richiedono una temperatura compresa tra 16 e i 22 gradi con un livello moderato di umidità ed una buona circolazione d’aria, con una buona fonte luminosa ma sono da evitare i raggi diretti del sole.

Sconsigliamo di conservare i bulbi in buste di plastica in quanto queste impediscono un buon ricambio d’aria e fanno aumentare l’umidità che porta l’aglio a marcire velocemente. Anche il frigorifero non è un buon posto in quanto le basse temperature accelerano il processo di germinazione.

Se conservati alle giuste condizioni i bulbi possono durare anche per 6-7 mesi.

Oltre che per insaporire i cibi, il vostro aglio, se conservato in un piccolo sacchetto da portare appeso al collo, sarà anche un ottimo deterrente contro i vampiri.

Buona crescita a tutti!

Lorenzo De Ritis

Fonte: http://www.greenme.it/abitare/orto-e-giardino/3961-come-coltivare-laglio-in-balcone-in-6-mosse

Bio planet – produttori di antagonisti naturali

http://www.bioplanet.it/it

Al centro della nostra azione c’è la diffusione della lotta biologica in agricoltura, in alternativa ai metodi di difesa fondati sulla chimica.

Per questo siamo diventati la prima azienda in Italia nella produzione di insetti ed acari utili per la difesa biologica delle colture.
I nostri prodotti vengono usati soprattutto in orticoltura e nel florovivaismo, ma anche nelle colture in pieno campo, in frutticoltura e nel verde ornamentale.

Strumenti per la nuova agricoltura

Accanto all’allevamento degli insetti utili, ci occupiamo più in generale dello sviluppo di tutti i mezzi tecnici puliti, che possano produrre il miglioramento delle strategie di difesa, promuovendo una nuova agricoltura che concilia massima qualità delle produzioni e vera sostenibilità ambientale.

Assistenza tecnica e ricerca

A tutti, offriamo il nostro supporto tecnico, per definire il migliore impiego degli insetti e degli altri prodotti, nelle varie situazioni colturali. Per sviluppare nuovi prodotti e nuove tecniche di utilizzo, curiamo programmi dimostrativi e sperimentali, anche in collaborazione con gruppi di ricerca nazionali ed internazionali.

Bioplanet è anche membro di:

  • IBMA, International Biocontrol Manufacturers Association;
  • Centuria RIT, Parco Scientifico Tecnologico.