Ripensare la crisi con le intuizioni di Ivan Illich di Aldo Zanchetta – 07/12/2011
Fonte: il cambiamento
“Illich era un pensatore radicale, nel senso che andava alla radice delle cose. E possedeva, come qualcuno ha scritto in un suo necrologio, uno sguardo laser, capace di leggere nel tempo futuro le conseguenze delle scelte di oggi”. Forse per questa sua dote, fin dagli anni ’70 Ivan Illich aveva pronosticato il collasso del sistema industriale dominante. Ripensiamo la crisi con le sue intuizioni.
Fin dagli anni ’70 Ivan Illich aveva pronosticato il collasso del sistema industriale dominante
Ivan, l’amico conviviale
2 dicembre 2011, IX anniversario della morte di Ivan Illich
Da 6 anni, nel giorno dell’anniversario della morte alcuni amici di Ivan si ritrovano a Bologna nell’incontro “Strumenti per la convivialità”. Al di là dei discorsi e delle analisi, la ‘convivialità’ di questo ritrovarsi è ciò di cui Ivan sarebbe stato contento, desideroso come era di ‘farsi sorprendere’ dall’incontro con l’altro, concreto, reale, sempre imprevedibile e perciò inebriante.
Una delle partecipanti ha sottolineato, a incontro concluso, la straordinaria capacità di chi questi incontri ha fatto nascere 6 anni or sono, Salvatore – che ringrazio – capace di mettere insieme in un clima di allegra condivisione frugale persone tanto diverse. Amicizia nel nome di Illich, riflessioni condivise, desco vernacolare (un fiasco di buon vino e un piatto di spaghetti, diceva Ivan, erano essenziali per una ‘tavola conviviale’ attorno alla quale riunirsi per confrontare idee anche diverse ma sempre nel rispetto reciproco e nel rigore intellettuale). Questa la ricetta.
Chi voleva poteva portare all’incontro una riflessione su un tema illichiano, da proporre per la discussione. Personalmente ho scelto come tema la ‘crisi’. Riporto qui alcuni frammenti di un discorso ovviamente più ampio, forse utili in questo che probabilmente è un vero passaggio d’epoca.
“La crisi di cui io descrivo la prossima venuta non è interna alla società industriale, bensì riguarda il modo di produzione industriale in se stesso”
Illich, l’’archeologo’ del sapere
Fin dagli anni ’70 Illich aveva pronosticato il collasso del sistema industriale dominante, inevitabile date le premesse su cui si era basato: “nelle storture e nelle ipertrofie intervenute nel linguaggio, nel diritto, nei miti e nei riti, in quest’epoca nella quale uomini e prodotti sono stati assoggettati alla pianificazione razionale” ovvero al “monopolio del modo di produzione industriale” [1].
“Crisi globale […] da non confonderla con una crisi parziale, interna al sistema”, scriveva. E aggiungeva (1973!): “Oggi si prova ancora a turare le falle dei singoli sistemi. Nessun rimedio funziona, ma si dispone ancora dei mezzi per permetterseli tutti, uno dopo l’altro. I governi si applicano alla crisi dei servizi pubblici, a quella dell’educazione, dei trasporti, del sistema giudiziario, della gioventù. Ciascun aspetto della crisi globale è separato dagli altri, spiegato in maniera autonoma e trattato a sé [2].
Questo perché “le ideologie oggi correnti mettono in luce le contraddizioni della società capitalista, ma non forniscono il quadro necessario per analizzare la crisi del modo di produzione industriale. Mi auguro che un giorno si arrivi a formulare una teoria generale dell’industrializzazione abbastanza rigorosa da reggere all’assalto della critica”.
Egli non confondeva le contraddizioni che volta a volta emergevano nel sistema con la Grande Crisi incombente, che sarebbe arrivata improvvisa e inattesa anche se prevedibile.
“La crisi di cui io descrivo la prossima venuta non è interna alla società industriale, bensì riguarda il modo di produzione industriale in se stesso. Questa crisi obbligherà l’uomo a scegliere tra gli strumenti conviviali e l’essere stritolato dalla megamacchina, tra la crescita indefinita e l’accettazione di limiti multidimensionali”.
Illich era un pensatore radicale, nel senso che andava alla radice delle cose
Illich, il pensatore radicale
Illich era un pensatore radicale, nel senso che andava alla radice delle cose. E possedeva, come qualcuno ha scritto in un suo necrologio, uno sguardo laser, capace di leggere nel tempo futuro le conseguenze delle scelte di oggi. Un profeta, ha detto qualcuno all’incontro. Direi piuttosto un indagatore minuzioso della realtà, un archeologo delle idee e dei comportamenti di cui ripercorreva il cammino nella storia evidenziandone le trasformazioni e prevedendone il punto di arrivo [3].
“Bisognerebbe essere indovini per predire quale serie di eventi svolgerà il ruolo del crollo di Wall Street e scatenerà la crisi incombente; ma non occorre essere geni per prevedere che si tratterà della prima crisi mondiale non più localizzata dentro il sistema industriale, ma che metterà in gioco il sistema in sé. Assai presto accadrà un fatto che avrà la conseguenza di congelare la crescita dell’attrezzatura. Venuto quel momento, il fragore del crollo obnubilerà gli spiriti e impedirà di comprenderne il senso [4]”.
Nel ’78, in Disoccupazione creativa [5] esaminava i modi di reazione alla crisi già allora in atto, e ripetuti oggi: “Il vocabolo crisi indica oggi il momento in cui medici, diplomatici, banchieri e tecnici sociali di vario genere prendono il sopravvento e vengono sospese le libertà. Come i malati, i Paesi diventano casi critici. Crisi, parola greca che in tutte le lingue moderne, ha voluto dire ‘scelta’ o ‘punto di svolta’, ora sta a significare: ‘Guidatore, dacci dentro!’. Evoca cioè una minaccia sinistra, ma contenibile mediante un sovrappiù di denaro, di manodopera e di tecnica gestionale [6] .
E aggiungeva: “Così intesa, la crisi torna sempre a vantaggio degli amministratori e dei commissari […] La crisi intesa come necessità di accelerare non solo mette più potenza a disposizione del conducente, e fa stringere ancora di più la cintura di sicurezza dei passeggeri”..
Ma Ivan non esercitava la critica fine a se stessa; egli era fortemente impegnato nello scrutare le possibili soluzioni, nel cercare i fondamenti di una ‘ricostruzione conviviale’ della società, dopo la sbornia iperproduttivista e iperconsumista. Per lui la catastrofe che vedeva addensarsi avrebbe potuto essere convertita in crisi, interpretando positivamente la parola nel suo significato originale, “crisi non ha necessariamente questo significato. Non comporta necessariamente una corsa precipitosa verso l’escalation del controllo. Può invece indicare l’attimo della scelta, quel momento meraviglioso in cui la gente all’improvviso si rende conto delle gabbie nelle quali si è rinchiusa e delle possibilità di vivere in maniera diversa [7].
Di fronte allo starnazzare sull’equità dei provvedimenti che si stanno prendendo in questi giorni, che equi non sono, la sua preoccupazione di nuovo era più radicale: “riattrezzare la società contemporanea con strumenti conviviali e non più industriali comporta uno spostamento d’accento nella nostra lotta per la giustizia sociale; comporta una subordinazione, in forme da trovare, dalla giustizia distributiva alla giustizia partecipativa”.
“Il vocabolo crisi indica oggi il momento in cui medici, diplomatici, banchieri e tecnici sociali di vario genere prendono il sopravvento e vengono sospese le libertà”
Illich e il suo lascito
Illich aveva sbagliato nei tempi, prevedendo la Grande Crisi assai più prossima. Ma aveva lavorato a una ‘cassetta degli attrezzi’ per quando fosse arrivata.
Jean Robert e Javier Sicilia, suoi ‘discepoli’, in occasione dell’incontro mondiale dei lettori di Illich del 2007, ricordando gli “anni di Cuernavaca, al CIDOC”, affermarono:
“Furono tempi di effervescenza intellettuale. Nei seminari e negli scritti di Illich si elaborarono concetti alcuni dei quali sono divenuti di dominio pubblico: la controproduttività, il monopolio radicale, la colonizzazione del settore informale, le associazioni di ‘cittadini colpiti in modo analogo’, i valori vernacolari, per citarne solo alcuni, senza dimenticare il più importante: il concetto stesso di ‘strumenti’. Si trattava di costituire ‘una cassetta di attrezzi’ intellettuali per i grandi dibattiti maturi di fine secolo”. Questi grandi dibattiti maturi hanno ritardato, però non sono divenuti meno necessari; per questo dobbiamo fare tesoro dello strumento critico elaborato allora. Ogni uomo moderno dovrebbe mettere in dubbio nel suo foro interiore le certezze moderne. Chi voglia farlo troverà gli strumenti nell’opera di Ivan Illich”.
Nota a margine. Dall’11 al 13 novembre l’associazione La ligne d’horizon (Les amis de François Partant) ha organizzato a Lione un seminario sul tema Uscire dall’industrialismo, mentre il prossimo fine anno a San Cristobal de Las Casas (Chiapas-Mx) presso il CIDECI si terrà il II Seminario di analisi “…planeta tierra: movimientos antisistemicos…”. Ad entrambi hanno partecipato o parteciperanno relatori facenti esplicito riferimento al pensiero di Ivan Illich (Per informazioni: Kanankil).
Note
1. La Convivialità, ediz RED, Como, 1993 pag. 9 (Riedito oggi da Boroli editore).
2. Ibid. pagg 132/133
3. Vedere la raccolta delle sue conferenze nel libro “Nello specchio del passato. Le radici storiche delle moderne ovvietà: pace, economia, sviluppo, linguaggio, salute, educazione”, pure riedito da Boroli.
4. Ibidem pag 133
5. Pure riedito da Boroli
6. Disoccupazione creativa, pag 10
7. Ibidem pag. 20