Potrebbe essere un bell’esperimento. Sono gli stagni di rugiada. Servono per lo più in zone più aride della nostra. Ma si potrebbe provare, magari in piccolo. Giusto per vedere se funzionano e per raccogliere un pò di acqua in più rispetto a quella piovana.
Inizio riprendendo un articolo apparso sulla rivista Popular Science del settembre 1922. Il link al numero della rivista è il seguente: http://www.popsci.com/archive-viewer?id=6CgDAAAAMBAJ&pg=57&query=1922%20september. A pagina 55 si trova il breve trafiletto che parla del “pozzo di rugiada” di Russell. Brevemente traduco l’articolo anche se la figura nella rivista spiega da sola molto di più.
“Sulla base del principio di portare aria carica di umidità a contatto con le superfici a terra più fredde rinchiuse da argini, è stato recentemente inventato da S.B. Russel di Gosmore (Hitchin, Inghilterra) uno “stagno di rugiada” per la formazione di condensa e lo stoccaggio di umidità atmosferica. […].Un serbatoio di circa 10 mt. quadrati raccoglierà circa 90.800 litri d’acqua all’anno, con una media di 450 litri al giorno durante i caldi mesi estivi e 180 litri al giorno per il resto dell’anno… Lo stagno di Russel è costituito da una cisterna in cemento di circa 1,5 mt di profondità, con un tetto in cemento in pendenza, sopra il quale è un recinto protettivo di lamiera ondulata che aiuta a raccogliere e condensare il vapore sul tetto e previene l’evaporazione dal vento. Il pavimento della cisterna è a filo con il terreno, mentre tutto intorno ai lati vengono posti cumuli di terra in pendenza che arrivano fino al tetto della cisterna. L’umidità sgocciola nel serbatoio dalla parte bassa del tetto mantenendo il tetto a una temperatura inferiore a quella atmosferica, assicurando così la condensazione continua. A un lato del serbatoio, sotto terra, è costruito un pozzo in cemento. Per mezzo di un galleggiante, questo pozzo è mantenuto automaticamente pieno di acqua prelevata dal serbatoio.”
Russell non è il primo a pensare di utilizzare l’acqua di condensa sia per l’agricoltura che per i bisogni umani. Fin dall’antichità si sono utilizzate queste forme di stoccaggio dell’acqua. Se si spulcia in rete si trovano notizie dei pozzi ad aria di Teodosia (500 a.C.) o degli antichi stagni di rugiada del Sussex Downs delle colline di Mariborough e del Wiltshire. Più recenti sono le invenzioni di pozzi ad aria di Achille Knapen (1930), Leon Chaptal (1929) e Calice Courneya (1982).
Per ora lasciamo ad altri le cisterne di cemento o le montagne di sassi di calcare. Noi dovremo iniziare i nostri primi esperimenti cercando di capire come portare l’aria al punto di rugiada. L’aria contiene vapore acqueo. Un aumento di temperatura può far contenere all’aria un quantitativo maggiore di vapore acqueo. Mentre un abbassamento di temperatura ne riduce la quantità, fino a raggiungere il punto di rugiada, condizione in cui il vapore acqueo si separa in forma d’acqua.
Per ottenere le condizioni su scritte occorre che ci siano questi scambi di temperature in modo che l’aria calda si raffreddi e ceda il vapore acqueo in forma di acqua. Gli stagni di rugiada funzionano proprio in questo modo: c’è un fondo impermeabile e isolato dal terreno. E’ impermeabile in modo da raccogliere l’acqua che si forma e che non fa in tempo a evaporare. E’ isolato perché la sua temperatura differisce da quella del terreno che durante il giorno accumula più calore. Durante la notte il terreno irraggia calore. L’aria calda si raffredda a contatto con il fondo dello stagno fino a giungere al punto di rugiada.
Per iniziare perciò potremmo fare un bello strato di paglia, abbastanza esteso. Metterci sopra un telo di nylon* che faccia una conca centrale e… aspettare l’acqua.
* Nell’antichità usavano l’argilla come fondo dello stagno e in effetti potremmo seguire il loro buon esempio…